(tempo massimo di lettura 1'55". Scritto ascoltando Scuola Furano con Gfunk 3000)
Nel mezzo del camin di nostra vita, c'e' sempre il tempo e il modo per fermarsi cinque minuti. Il tempo quasi utile per provare a capire qualcosa che forse, per davvero ancora manca. Il tempo per lasciarsi andare con un respiro profondo e ammettere che cio' che non ti distrugge ti rende ancora piu' forte. Una massima quasi buttata la' nel mezzo di un pomeriggio per certi versi insolito. Unico, nel suo modo e nel suo essere. Brillante e fin troppo effervescente da poter pensare che era gia' scritto da qualche parte. Ma certe storie, tanto per dirla tutta, certe storie vengono per davvero fuori dal cuore e a lungo andare, quelle storie hanno per davvero il pregio di regalarti cinque minuti utili a ricordati quanto sei diventato forte.
E' vero, avrei voglia di parlare dei contatti reali e sicuri tra Ettore Messina e i Toronto Raptors. Della poca voglia di coach Messina di lasciare Mosca per andare oltre la cortina di ferro. Un mondo fin troppo a misura d'uomo per pensare che un coach europeo, padrone del mondo che confina con quel dannato oceano, sia in grado di rompere una barriera cosi' importante: un coach europeo nel panorama a stelle e strisce. Un italiano e non un serbo piuttosto che un croato, abile a correre in soccorso di una perla rara di nome Andrea Bargnani. Non che ce ne fosse bisogno. Anzi, se e' vero che l'erba matta cresce sempre a dismisura la' dove non serve, cosi' e' altrettanto vero che quando un fiore prende forma e colore, profumo ed essenza, allora non c'e' bisogno di aggiungere nulla. Quel fiore va bene cosi' com'e'. Quel fiore, anche se in mezzo all'erba matta, quel fiore e' davvero in grado di fare la differenza e come tale, brilla di tutta la nostra gioia. Una luce di chiara classe cristallina, che separa il dire dal fare. Il pensare dal sognare.
Strani tempi, questi newyorkesi, che ti prendono giro quasi a pensare di dover ringraziare l'erba matta per la nota a dir poco colorata. No, anche se non riesco ad avercela con il prossimo, penso e ripenso al gioco del destino. Penso al Buddha che diceva di non desiderare e penso a Marco Belinelli che in silenzio, fa finta di studiare da sergente di ferro. No, ancora una volta e' tutta colpa dell'erba matta. Quella cresce fin quasi a sembrare l'unica in grado di fare la differenza e come tale, non appena incontra uno di quei fiori reali e sinceri, beh cambia la musica e muore il paragone. Parliamoci chiaro: Sam Mitchell e' un bravo ragazzo, figlio di una storia che potrebbe anche aggiungersi ai classici titoli di coda, ma le stelle sono altre. Vedere Andrea Bargnani trasformare in oro degli scarichi che non fanno altro che renderlo pigro di iniziativa tattica, beh non mi fa assolutamente felice. Forse, ci vorebbe per davvero una nuova rivoluzione d'ottobre. Con Messina in grado di illuminare i fari su un Italia cestistica ancora figlia del vecchio sistema. Ancora vittima di un pragmatismo americano prossimo a schiantarsi di fronte all'evidenza della fantasia umana. Del resto, se c'e' riuscito Dirk Nowitzki, ci riuscira' anche questo romano faccia da schiaffi. Uno che tira e fa canestro. Uno che non parla e si ingelosisce nel suo mondo, quasi fosse una contro teoria del nuovo brand management: mandali a quel paese e digli che non rompino le palle. Uno che piace a Bill Walton ma non convince Hubie Brown o chi per lui. Uno, tanto per essere chiaro, che commentando da bordo campo si chiedeva come mai, questo italiano cosi' centimetri alla mano, non fosse in grado di prendere dei rimbalzi.
O meglio, nel mezzo del camin di nostra vita, c'e' ancora il tempo per ricordarsi che Jason Kidd non e' Stephon Marbury. O meglio, mentre pure il congresso cittadino capeggiato dal mayor Micheal Bloomberg si e' messo contro Isiah e il management del Madison Square Garden minacciando una tassa molto onerosa che non applicavano da anni, nel New Jersey sta cominciando a splendere di nuovo il sole. E il merito, e' relativamente a meta' strada tra il genio di Jason Kidd e la sua 96 tripla doppia e il fantasma di Drazen Petrovic. Uno che da lassu' sicuramente guarda questi nanerottoli con fare fin troppo disprezzevole, per non dire slavo. Li guarda e li fissa perche' riconoscente per quella maglia numero 3 sempre presente. Anche in spalla a qualche tifoso che si ricorda di cose che non esistono piu'. Gia', mentre noi chiamiamo in causa re e re magi, santi e controsanti,il nano piu' furbo di Thomas non ha fatto altro che legalizzare la sua rotazione dei lunghi. Dopo il totoscommessa di inizio stagione, ha giocato le carte Sean Williams-Josh Boone, mentre Richard Jefferson continua a litigare con il canestro e Carter, quando coinvolto, gioca sicuramente una delle sue migliori stagioni. Un modo come un altro per aspettare i play-off. Per scavalcare Toronto e ridare voglia ed energia a quelli che come il sottoscritto vivono ancora di autobus e metropolitane, anche in pieno centro.
Poi, anche se siamo nel mezzo del camin di nostra vita, voi di tutto questo non dite nulla a Messina. Il coach, figlio della sua semplicita', potrebbe anche capire male.
Monday, January 7, 2008
Ettore Messina@Toronto Raptors: si potrebbe anche fare
Posted by Profumo di vaniglia at 1:19 PM
Labels: Racconti metropolitani
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4 comments:
in quanto ormai abbondantemente oltre il mezzo del cammin di mia vita credo che se messina andrà a toronto o in nba non lo faraà come salvatore di italica patria e per patria intendo il talento bargnani, credo che il prode ettore sia fin troppo "gonfio" di se per accettare una sfida in cui il premio finale non sia la di lui gloria ma la valorizzazzione dell'italico virgulto.
Comunque vada...potrebbe essere un successo. Tieni presente che il contatto reale c'e' stato, di fatto le motivazioni del coach contano tantissimo, ma e' anche vero che un po' di disciplina tattica europea in quel di Toronto non farebbe male. Questo Mitchell, bravissima persona, secondo me si domanda ogni giorno cosa abbia fatto di male per averceli tutti lui questi europei. Alla fine dov'e' l'errore? Suo o loro?
Quando Mike D'Antoni ha risposto alla domanda...Belinelli a Phoenix, beh, un respiro l'ha fatto...a volte sono le circostanze che fanno la differenza, anche se vedere i due italici in situazioni non sempre favorevolissime - casi diversi e storie diverse - beh, dispiace o comunque c'e' da pensarci sopra.
Innanzitutto complimenti (sinceri) per il tuo blog!
Sono convinto che la disciplina tattica europea, quella che porterebbe Messina, non farebbe bene solo a Toronto ma anche a tutto il pianeta NBA. Del resto se quest'ultima estate Mike Brown, allenatore dei Cleveland Cavaliers (non il primo che passa), è andato a vedere il ritiro del CSKA Mosca qualcosa vorrà pur dire... Ma se tra l'America e l'Europa c'è di mezzo l'oceano, la distanza tra la NBA e la pallacanestro europea non consiste soltanto in una differenza di attenzione verso la tattica; nella Lega di David Stern si fanno più partite che allenamenti e le super-stelle (uno tipo Bosh per fare un nome a caso) sono particolarmente tutelate contro chiunque, allenatore compreso. Tutti questi aspetti cambierebbero almeno in parte il modo di allenare di Messina. Eh sì, Ettore in NBA sarebbe proprio una bella rivoluzione, per entrambi. Avranno il coraggio di farla?
La rivoluzione tattica e' fin troppo ben accetta. Il problema e' che dopo si accorgono di come, in fin dei conti, quella maliconia alla precisione tattica che fa la differenza in quei due, tre minuti di giri a vuoto nelle competezioni internazionali, nasce da situazioni che vanno oltre la cura dei fondamentali.
Il problema, neanche poi per caso, e' che a Est se pensi non ci sono molte teste pensanti e i santoni, se cosi' possiamo chiamarli, sono tutti a Ovest.
In altre parole, almeno New York Area...Aaa cercasi coach non solo con le palle (qui non ne hanno in molti) ma anche con cuore e fantasia.
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