Un supermercato russo di Brighton Beach
(Tempo simbolico di lettura 2'23''. Scritto ascoltando Patience dei Guns N' Roses)
Seduto con un bicchiere di spritz di fronte al mare dei miei sogni, trovo il tempo anche per capire l'importanza di un giorno come un altro. Un compromesso prima di passare dal via o, anche solo una scorciatoia con vista oceano e la consapevolezza che tutto puo' ancora accadere.
O almeno, anche questo potrebbe essere il gusto di ricominciare che fa sempre rima con raccontare. E le analisi da domenica sportiva, se ancora esiste, le lascerei a quelli che il basket lo hanno sempre voluto scomporre come fossi di fronte ad una formula chimica. Una composto di elementi ciascuno figlio di una storia diversa. No, io proprio non ci riesco.
E poi, ci lamentiamo se il basket del Bel Paese e' alla frutta. Se le cose non funzionano e la nazionale, figlia dei Belinelli, dei Bargnani e dei Gallinari, non corre come dovrebbe correre. Non risponde in curva per il semplice motivo che non va nemmeno in moto.
Beh, mi chiedo cosa ci sia in comune con una societa', quella che interpreto attraverso le righe dei quotidiani, in cui si racconta di presidenti e ministri attenti alla priorita' economica. Attenti a guadagnare tempo quando e' proprio il tempo a star male. Mi chiedo se e' colpa nostra o e solo colpa mia. Una guerra di concorsi in attesa di ammettere che alla fine nessuno sta ancora facendo nulla. Una battaglie di cause a fondo perduto.
E lo dico pensando alla solita legge della causa ed effetto, quella del tutto era prevedibile o anche solo, se non programmi le cose per tempo, alla fine ne paghiamo le conseguenze.
In America e' diverso. Diverso perche' tutti non vogliono parlare di questo Bush che sta per lasciare. Vergogna, rassegnazione o solo consapevolezza che e' sempre andata bene e bene andra' anche la prossima volta. Un ottimismo fin troppo repubblicano per non ammettere che Obama e' ad un passo da un cambiamento a dir poco storico. E' vero, il cambiamento e' cosi' scontanto che pare difficile per non dire lezioso. In molti ci pensano e ci ripensano quasi fosse una questione molecollare. Un microscopio a portata di mano e una paura mediatica che non fa uscire la gente di casa. New York, almeno quella che incontro ogni giorno sui marciapiedi di un vellutato Lower East Side, cambia in maniera radicale tra i primi tre giorni della settimana e il venerdi' sera quando le strade diventano a dir poco popolate.
Forse si fa prima a prendere tempo, non il clima che cambia e l'Italia che chiede un ridicolo aiuto, quanto il semplice concetto che fra due settimane avremo un nuovo presidente e un nuova linea economica in grado di regalare qualche nuovo aggiustamento a lungo termine.
Se poi volete parlare di pallacanestro, vi dico che le probabilita' che Gallinari finisca in D league sono ridotte. Walsh e D'Antoni non hanno voglia di prendersi le prime critiche della stagione legate ad una prima scelta sbagliata, sopratutto quando in tv come dal vivo, ti accorgi ad occhio nudo che questi Knicks sono tutta un'altra cosa rispetto ai disastri di "Isiah chi?". Certo l'infortunio alla schiena non ci voleva, ma siamo ancora agli inizi. Se e' presto per parlare, se e' troppo presto per pensare, figuriamoci per commentare l'ultima di Magic: "Garnett diventera' un grande quando fara' canestro nei momenti finali della partita". Difficile dargli torto, figuriamoci ragione.
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