Thursday, March 27, 2008

Jordan primo, Kobe secondo, Iverson terzo

(tempo di lettura 2'05". Scritto ascoltando Mana con En El Muelle de San Blas)

Era da un po’ di tempo che non mi andava di parlare con il mio computer. Questione di naso o forse, anche solo di intrigarsi di un viaggio sull’isola che non c’e’. Come quando cerchi di capire le alchime dei grandi giornali, del perche’ oggi si’ e domani no. Del perche’, ogni qualvolta giochi a scacchi, cominci sempre a mangiare la prima pedina. Poi la seconda, quindi la torre, il cavallo, il re e la regina. Sempre che, non siano gli altri a mangiare te. Sempre che, come dice il Buddha, ci sia la voglia di desiderare. Perche’ in tal caso cambia tutto e nulla riesce.

Come quando leggevo in Italia di questa storia di D’Antoni a New York, una citta’ ancora innamorata di Isiah al punto tale che Dolan, preso Donnie Walsh, c’e’ ancora continuo a volerlo nell’organigramma sociale. Un po’ come il grande Pino Brumatti. Una partita a carte, un colpo di asso e un tre di briscola o anche solo una questione di denari. Tanto, quando si trattava di metterla dentro, loro arrivano sempre prima di tutti gli altri. Tanto, aspettando di capire se a qualcuno in Italia interessa la storia del primo ritorno di Allen Iverson in quel di Philadelphia – gira voce che ci sia scappato il record di chiaccherata Nba con i giornalisti, esterefatti per i suoi 35 minuti di lunga e continua conversazione senza pause – mi da un fastidio da morire ammettere che anche Don Nelson e’ capace di sbagliare. In ottica professionale, la gestione del caso Chris Webber e’ stato un autentico errore. Un disastro non solo di soldi, ma anche di speranze. E se hanno letteralmente “cappellato” con un Webber fin troppo fiero di annunciare il suo ritiro a qualche settimana di distanza dall’inizio dei play-off, mi chiedo cosa bisogna pensare del caso Belinelli. Uno dimenticato anche da dio, non fosse che noi gli vogliamo ancora tutti bene. Cosi’ bene che quando pensiamo a Gallinari, avremmo una voglia matta di mandarli al diavolo, questi americani, figli di statistiche e gerarchie fin troppo militari: oggi no, domani forse, dopo domani sicuramente si’.

Non questa storia dei gradi, del volere ma non potere, beh meglio lasciarla a quelli che, il potere, lo amano gestire alla faccia del piu’ bel sistema di anarchia di tutti i tempo. Quello dei pirati dei Caraibi, quella di Vince Carter o anche solo, quella che ha trasformato il sistema in una democrazia popolare. Quale? Semplice, dalla 5a strada gira voce che la maglietta piu’ venduta degli ultimi dieci anni (1998-2008) e’ quella di Micheal Jordan. Quindi vengono Kobe Bryant, Allen Iverson e Lebron James. Quinto Shaq, sesto Mc Grady, poi chiudono Wade, Kidd, Carter e Duncan.
E per una volta, visto che anche se in America certe storie arrivano con il retrogusto fin troppo imperialistico, alzo una mano, un pugno o anche solo un dito in favore della causa del Tibet. Detto tra le righe di un blog che ritorna a scrivere dopo una settimana di anarchia brooklyniana, beh sembra tutto fin troppo scontato. Di fatto, visto che le parole non si inventano ma al limite si scrivono, penso sia il caso di schierarsi. E nella vita, non e’ sempre cosi’ scontanto.

Bene, chiudo con un pronostico, ma solo perche’ sto ancora cercando di vendere il servizio di Allen Iverson in Italia a qualcuno che si dimostri interessato, e vi dico che Dallas senza Nowitzki esce dalle prime otto nel giro delle prossime due settimane. E Denver, che ho visto sorridere poco meno di una settimana fa, beh Denver entra per pelo al punto tale che, tra le squadre da evitare al primo turno io, non so perche’, ci metto proprio quella di George Karl. Quella di un Nene che nel New Jersey rideva e scherzava con il mitico Fabio Malavazzi, corrispondente brasiliano di Espn. “Evita la stampa – mentre io mi chiedevo a chi poteva interessare la sua storia alla stampa del Bel Paese – ma sta meglio e ha passato il brutto incubo. Mi dicevano che ci ha rimesso un testicolo. Comunque, grazie al cielo, e’ passato. Sai Mitja, non e’ facile. Non e’ facile soprattutto per uno che potrebbe avere tutto e alla fine scopre di non avere niente”. E come dargli torto.
Beh, se fidarsi di se stesso ha un senso, vi dico che i Nuggets mi piacciono questa settimana con Dallas, quindi con Golden State. Due partite molto difficile in cerca di pronostico. O forse, solo in cerca di quella benedetta anarchia.

4 comments:

Seyhan said...

ciao mmitja! uao non vedevo l'ora del tuto successivo post!
Anche io spezzo una lancia a favore di Dnver ai playoff, sarà ma a me una golden state che giocare, nell'ultima partita andata all'OT, 53 minuti Davis e Jackson, mentre 6 giocatori (tra cui beli) guardano la panchina non mi va giù!
A questo punto che la spunti Portland!(ok qui ho esagerato)
Cmq fa ridere la cosa che con 31 vinte New Jersey va ai playoff e Denver con 43 ancora nn è qualificata...
Ci aspetta un bel periodo dall'altra parte dell'oceano!

Profumo di vaniglia said...

Secondo me Dallas scivola in basso e Denver ce la fa. Mi piacerebbe per AI, uno che ancora una volta ha confermato quanto pensavo: due occhi vivi che parlano da soli.
Sui play-off Nba non dico nulla, funziona cosi', anche se da un anno all'altro, vedi Boston, tutto puo' cambiare.
Alla prossima.

Anonymous said...

dare Dallas addirittura fuori playoff mi pare molto azzardato,la squadra resta comunque competitiva e penso anche sopra altre squadre, e nel giro di due settimane dubito che riescano a buttare via un intero anno

Anonymous said...

bentornato Mit !!! dove sei stato ??? eheh...a proposito il pargolo è nato ???
salutoni dalla Sicilia e come sempre
I LOVE NY

angelo

 

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