Wednesday, April 2, 2008

Tutti in carrozza: Denver entra, Dallas e' prossima ad uscire.

(tempo massimo di lettura 1'13''. Scritto ascoltando i rumori di un classico mercoledi' mattina. Dai pompieri, agli uomini delle imondizie, al cane che abbaia).

Faccio un po' di fatica ad alzarmi e attaccare, sopratutto quando fuori scopri che a conti fatti non esiste soltanto pallacanestro. Un dato di fatto per mandare in malora tutti quelli che compaiono sulla famosa lista nera, sempre che il colore nero faccia giustizia alla voglia di essere o di fare. Ma e' anche vero che si va avanti cosi', con i Nets ufficialmente fuori dai play-off, figli di un fallimento che allontana ogni tipo di speranza. Non a caso l'altro giorno, si leggeva che Rod Thorn parla di fiducia al nanetto Frank, uno dei principali indiziati di questo fallimento assieme all'ex stella Vince Carter. Dovevano mandarlo via a suo tempo, invece l'han tenuto forse per pretendere di avere ancora qualcosa in cambio nella rincorsa a Jermaine O'Neal.

Favole di mezzanotte, o anche solo, considerazioni finali, visto e considerato che i miei play-off mi portano niente meno che a Philadelphia o Boston. Una partita a serie, almeno per adesso, almeno fino a quando l'unico mezzo a disposizione di quattro giornalisti internazionali rimane una macchina per baipassare le attese dell'autobus. Una macchina da noleggiare che a New York non fa proprio tendenza, anche se per una volta si puo' tranquillamente provare.
Ma parliamo di altro, visto che sono andato a vedere cosa manca tra Dallas e l'essere ufficialmente fuori dai play-off. Stasera contro i Warriors si potrebbe capitolare in termini di scontri diretti intanto, visto che gara uno con Phoenix a parte, i miei pronostici erano giusti. Denver entra di diritto nelle prime otto a ovest, mentre Golden State segue a ruota proprio per un discorso molto semplice: Dirk Nowitzki e' troppo importante per il sistema Mavericks. Lo stesso che si ruppe due anni in finale contro Miami quando, avanti 2 a 0 con un margine da gestire in gara tre nel terzo quarto, gli Heats, senza alcun senso logico, cambiarono la storia.

Forse e' ancora una volta merito del signor O'Neal, quello che sabato scorso nel New Jersey, dopo aver sorriso a mezzo mondo, ha cercato di dare delle spiegazioni logiche al suo ritorno a ovest. D'Antoni, che ne capisce, sostiene che con lui corrono di piu', segnano di piu' e subiscono anche meno. Shaq, di umore e importanza mediatica ben diversa, ha parlato di motivazioni, di cambiamenti o anche solo di esperienze. Il bello e' che a sentire Stoudemire, il loro rapporto e' praticamente professionale e nulla di piu'. Insomma, stando alle sue parole, Shaq sta a lui come Nash sta a Shaq. Normali compagni di squadra, potremmo dire, un' amore nemmeno a prima vista anche se poi, dove finisce la malizia, cominciano i dati di fatto: Amare e' uno di una presunzione unica, anche se quando c'e' da parlare, beh si sfoga come tutti senza passare da dichiarazioni "pericolose" o di poche parole come quelle di Rasheed Wallace o Kenion Martin.

Di fatto, mentre Phoenix tiene il passo delle grandi, mentre Manu diventa Mvp dei poveri (che poi magari vincono di nuovo) mi preoccupa lo stato di forma dei miei Lakers. Zeno Pisani non mi ha ancora mandato la mail che aspetto da due mesi: Bynum e' pronto, Gasol anche. E Kobe, che e' la pallacanestro ma in termini di Mvp quest'anno e' dietro a Chris Paul, non puo' continuare a fare tutto da solo. Certo, i mesi di grande basket hanno lasciato il segno, nel senso che si vede nella loro geometria una certa abitudine a spazi diversi - qualcuno lo chiama triangolo offensivo - che prima non esistevano, ma e' anche vero che senza quei due, i Lakers sono una squadra che vale Golden State, Denver, Utah o la derelitta Dallas. Non una pronta al balletto finale.

Cosa manca, posso dirvi che ieri in televisione hanno presentato il progetto della nuova arena a Brooklyn, futura casa dei New Jersey Nets, una stazione di metro da dove abito. Un sogno ad occhi aperti se si dice che come sbarcano ad Atlantic Avenue, si portano dietro Lebron James anche se poi, rispetto ai tranquilli pomeriggi nel New Jersey, le locker room diventano dei veri e proprio fortini d'assalto come al Madison. Venti giornalisti per un giocatore contro i cinque, sei di media in giro per la lega. Un po' troppi per chi alla fine si era abituato a cifre nettamente inferiori.

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