Monday, December 10, 2007

Non e' l'America di Belinelli e forse nemmeno la mia

(tempo massimo di lettura 2'15''. Scritto ascoltando il Madison Square Garden che prima criticava, quindi incitava, quindi fischiava)

Parole e musica di uno sconosciuto in cerca di autore. Uno spirito figlio di un altro tempo, di un'altra storia dove l'oceano che separa il nuovo dal vecchio mondo, ha finito per mettere fine ad una serie di posture che non hanno proprio spiegazione. Anzi, per una volta mi sento come il piu' classico dei sega panchine, da solo in un mare disperso che si chiama Madison Square Garden. Poteri anche chiamarlo Izod Arena, tanto di questi tempi non fa assolutamente differenza. Mi viene di pensare a quello spirito nobile, per nulla borghese ma fin troppo popolare che ha dato vita a tante rivoluzioni. Da quella francese a quella industriale. Da quella sociale a quella che si nasconde dietro la classica etichetta del chi cerca trova.

Gia', non ho mai segato una panchina in vita mia e adesso che ci provo, finisco, oltre per essere non ascoltato, per fare la fine di quello che le spara grosse. Tutto l'opposto di quel valore anarchico che mi ha sempre fatto svegliare col sorriso. Non a caso, quando dico "Fire Frank" o "Fire Thomas", finisco per fare i conti prima ancora che con il destino di due allenatori in cerca di se stessi, con una disciplina, quella dell'americanismo sportivo piu' totale, che ti fa capire molte cose. Qui, nel giro di appena due minuti, passano dai cori che chiedono la testa del loro allenatore, a quelli che incitano i propri begnami alla difesa con tanto di organo elettronico che richiama all'ordine. Quasi una questione di Mac Dollar Menu passando dalla carne al pesce senza l'aggiunta del bicchere di vino che, chiaramente, su quella famosa lista non compare: troppo borghese. Fin troppo rivoluzionario.
Cose dell'altro mondo. Mi chiedo cosa fosse successo se i miei begnamini avessero trovato casa in Grecia piuttosto che in Turchia. A Belgrado piuttosto che a Capo Orlando. Mi chiedo cosa sarebbe successo se l'Isiah di turno, testardo a voler ancora far finta di niente, avesse ricoperto il ruolo di presidente allenatore di una qualsiasi squadra di club di un certo livello. Cosa sarebbe successo se dopo aver fallito nelle ultime tre stagioni, la sua squadra continuasse a prenderne venti ogni sera, vincendo solo di rado e lasciandosi dietro una causa legale di 11 milioni e mezzo di dollari - l'euro/dollaro oggi lo dovano attorno al 1.45 - con una delle dipendenti di turno. Sono sicuro che anche se a quella famosa querela finita sul tavolo del giudice arrabbiato togliessimo tre zeri, sono sicuro che quel Isiah per uscire dalla palestra avrebbe bisogno ogni singola sera di una scorta con tanto di carabinieri a presso.
Qui invece, fa tutto parte del gioco. Fa parte di una normalita' che a lungo andare ti fa passare la voglia di andare a vedere la pallacanestro in uno dei tempi senza precedenti. Ti fa passare la voglia di prendere l'autobus per andare al palazzo ad ammirare una delle transizioni piu' forti d'America in mano ad un nanetto, come lo chiamano gli adetti ai lavori, che di nome fa Frank e di professione fa l'allenatore di basket a tempo pieno. Uno che fino ad un anno, forse anche due sembra essere uno dei tanti ragionieri con laura in ingenieria ad honoris causa. Peccato solo che quando ad uno splendido cane labrador come il mio Max provi ad insegnare a nuotare, non solo perdi il tuo tempo, ma te lo fai anche nemico, sempre che un labrador lo possa diventare.

E allora, chiamiamola pure giustizia a stelle e strisce. Tanto qui, ad ogni time out con un minimo di inerzia alle proprie spalle, tutti dimenticano tutto per tutto. La memoria, quella che nel primo tempo era utile a far sorridere i piu' con i classici "buu" di disapprovazione, la memoria e' solo un optional. O meglio, la memoria e' quel pensiero statico che passa nella mente di Don Nelson e le sue gerarchie nemmeno da quartiere. Quelle che hanno messo sulla strada del Beli la possibilita' di far gavetta nella D league. Uno che non solo in Eurolega faceva la differenza, ma uno che ai primi passi da timido soldatino di piombo, gli ha messi tutti in riga divertendosi a sparare a salve.
No, anche se un giorno mi pentiro' di essermi lasciato andare, per una notte questa e' la mia America dei canestri. Un mondo fin troppo virtuale per pensare che sia tutto vero. Un mondo fin troppo vero per avere i carabinieri a porta di mano e un vangelo secondo di Marco l'apostolo da Bologna, abile se non altro a rappresentare un'Italia cestistica che non guarda in faccia ai pochi sorrisi di Andrea Bargnani. Quella che per una volta, si accontenta della positivita' di questo emiliano che ha capito una cosa sola: io ce la posso fare. Poi voi, con o senza volo diretto per il JFK con trasferimento a Manhattan in taxi - la tariffa dovrebbe essere sempre ferma sui 45 dollari - andate a spiegare a chi di diritto, cosa significa credere in se stessi e nelle proprie possibilita'. Senza passare dai disastri, senza per forza dover imbattersi nell'umilta' tipica di chi, dopo averne combinata una piu' di Bartoldo, dice grazie e leva le tende.

No, quando hanno chiesto a Marco che ne pensa della D league, lui ha risposto come se al posto del Golden Gate ci fosse l'arcata che da su piazza Maggiore. "Non parto perche' siamo un bel gruppo e sarebbe un peccato non riuscire con questa atmosfera - ha spiegato a chi cercava solo di dare un nome e un cognome alla sua verita' - non parto perche' so di essere in grado di riuscire a giocare a pallacanestro a questi livelli".
Evviva l'Italia, mi viene da aggiungere, evviva la sincerita' di chi, con o senza le luci che lampeggiano a segnalare l'emergenza, ha solo dato ascolto al suo cuore e alla sua umilta'. Altro che ad un orgoglio cosi' evidente che non lascia nemmeno troppo spazio al commento del giorno dopo. Lasciatemelo dire, se solo esite un soprano del basket abile a giudicare lo spettacolo di un cinque contro cinque con due meta' campo e una palla che palleggia, che qualcuno mi ascolti: mandateli a casa o almeno, vangelo alla mano, insegnateli a sorridere, in maniera sincera.

Per dire la tua profumodivaniglia@gmail.com.
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