Sunday, December 2, 2007

Il sorriso di Grant Hill, un biscotto al cioccolato e gli intoccabili Isiah e Frank



(tempo di lettura massimo 2’34’’. Scritto ascoltando i Kashmir con Rocket Brothers)

Il treno va, il concetto anche e tutto ritorna. Qua e’ gia’ Natale, non perdono un attimo per ricordartelo e il comandante in trincea, beh lui su quel famoso trono non si e’ mai voluto sedere. Erano i tempi della prima guerra mondiale e quello che oggi sembra essere un confine fin troppo aperto al rispetto della multiculturalita’ dei popoli a cavallo tra Italia e Slovenia, era terra di battaglia. Anzi, per la prima volta in vita mia, avrei voluto passare il Natale a casa, a due passi da quella splendida terra che mi ricorda almeno cinque, forse unidici o venti persone che porterei con me in paradiso. Sempre che di paradiso si possa parlare. Sempre che alla fine sia domenica e una leggera spruzzata di neve che non va oltre ad un centimetro, abbia lasciato il segno.
Ma questa e’ New York, non una citta’ a caso. Qui quando accade fa sempre notizia e poco conto che di mezzo ci siano le edizioni on line di corriere o repubblica che esaltano il coraggio di Anna Ciriani, in arte Madamweb. No, come ho scritto per gli amici di divinazioni.it (clicca qui), google ricorda, l’uomo forse. Un pronti via senza paracadute che mi fanno venire in mente un concetto pari se non altro al tredicesimo, forse quattrodicesimo comandamento.

Come quando provo a parlare di basket e potrei parlarvi di come qui in America, per quanto tutto possa sembrare esaltante, sacro e fin troppo profano, esistono ancora delle figure abili a resistere al tempo e alle sue interperie. Esitono dei coach, leggi Isiah Thomas e Lawrence Frank che io faccio una fatica a comprendere. Anzi, per una volta, capisco al volo quella vena fin troppo entusiastica che ha sempre cercato di mandare in porta, una persona che ricordo sempre volentieri con un nome e un cognome: Fabrizio Tomadini. Gia’, il treno va’, non sono ancora arrivato a Manhattan e minuti alla mano mi sto giocando le interviste del pre partita con i Phoenix Suns e un certo Mike D’Antoni. Un modo di essere, di fare e interpretare che mi ricorda il mitico zio Tom, le discussioni per provare a convincerlo che il basket in fin dei conti e un gioco semplice con tanto di gerarchie. Un gioco fin troppo bello per essere deciso dal tocco magioco del uomo con la maglia numero dieci. Il fantasista che ha sempre saputo calciare le punizioni. Quello che in Promozione, come mi ricorda il grande Ale, con un dribbling va in porta in mezzo alle urle di quelli che bevono brule’. Quello che in serie D si aggira con quest’aria da idolo delle folle che poi finiscono la giornata al Bar Sport facilmente agli usi e ai costume di una paese chiamato Italia. Quello che in serie B non sara’ mai di serie A. Quello che una volta arrivato in alto, preferisce un giorno da pecora piuttosto che un comparsa a quelli che il realty te lo regalano a suon di giacche e cravatte con Ciccio Graziani ospite d'onore in studio. Poi, che giochi nel Chievo e dopo nel Palermo, quello e’ solo un ricordo.
No, il buon Tom con tutto questa storia e' sempre centrato come il due di picche. Una persona che per conoscerla bisogna prima di tutto cercare di non capirla. Bisogna lasciarla andare fino a quando, ti piacerebbe averlo accanto per prepare un servizio di quelli come dio comanda contro questi due coach di un sistema che non riconosco come mio. No, il concetto di basket che credo e rispetto, va ben oltre a queste interpretazioni.

Un semplice modo di essere che, dopo lo sfogo del sabato sera, mi riporta con i piedi per terra. Potrei anche dire il concetto di realta’ apparente fino a quando non arriva il momento di credere, o anche solo difendere la propria verita’. Un capitolo a parte. Una storia come tante o anche solo un pensiero meschino senza troppi punti, senza troppe virgole e "a capi" in grado di creare un arcobaleno da mille e un colore. Quanti bastano per lasciar perdere il presente e fare ritorno alla base. Domani e’ un altro giorno. Certo, a veder giocare questa Phoenix, posso dirvi che ho deciso chi vince il titolo e mi dispiace per tutti quelli che hanno sempre detto Boston. Insomma, averi anche voluto dire San Antonio e attenti a Dallas, ma dopo l’infortunio al ginocchio di Tim Duncan, beh cambia tutto. Anche se si dice che non e' nulla di grave, per una volta aspettendo di vedere qualcosa di diverso, mi piace dire quello che penso: Phoenix e' pronta per l'anello.

Grazie mille, non ci voleva molto a capirlo, insomma, se le regola di Stern non avesso rovinato uno spettacolo degno di una sagra chiamata play-off, probabilmente le domande ieri sera sarebbero state diverse. Gia', ma il bello e' proprio questo. E' un biscotto al cioccolato che porta il nome di Grant Hill. Migliore in campo, ma non solo. L'uomo giusto al posto giusto dopo una carriera di alti e bassi, ma non solo. Il protagonista di un bellissimo articolo apparto oggi sul New York Times in cui si parlava anche della sua famiglia. Non quella che tutti conoscono quasi a memoria con il papa' Calvin, ex NFL con Cowboys, Redskins e Browns, e la mamma Janet, compagna di stanza a Wellesley College di una certa Hillary Clinton, bensi' quella sua, di Tamia (clicca qui in foto) e delle due bimbe Myla Grace e Lael Rose. Leggendo ho scoperto di questa storia della sclerosi multipla che ha colpito sua moglie. Della loro personale battaglia, del stare tranquilli e andare avanti anche se vieni eletto come predetto e poi il tempo e le stagioni ti si mettono di mezzo. No, per una volta un biscotto al cioccolato mi aiuta se non altro a ritornare a casa con una morale diversa. Certo l'audio file con Mike D'Antoni e' pronto con la versione in italiana, quello con il mitico "Fire Isiah" in diretta dal Madison anche. Assieme a lui ci sono anche Steve Nash e compagnia bella, ci sarebbe anche il nuovo "Isiahmetro" (clicca qui) che ho deciso di pubblicare su Profumo di vaniglia, ma tutto, proprio tutto, per una volta ha un sapore diverso. No, neanche a fare a posta il destino ha voluto che mentre lasciavo il Garden in ascensore, dovessero salire prima Hill, quindi Frazier. Uno scambio di battute al volo, fino a quando lui, ha regalato ai presenti un indizio che portero' con me ancora per un bel po' di tempo. "Giocare con questa squadra non e' solo facile, e' anche molto divertente. Tutto viene da solo". Una pacca sulla spalla, un passo fin troppo elegante e via nella notte tra il 34esima e l'ottava strada. Il resto, almeno per una volta, e' davvero tutto relativo.

Per dire la tua profumodivaniglia@gmail.com.

Mitja Viola

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